Nuovo anno appena iniziato, nuovi cambiamenti all’orizzonte. Non c’è azienda in cui non si parli di nuovi scenari, prospettive, riorganizzazioni. Il mercato, in ogni settore, è complesso, le strutture organizzative in continua evoluzione e le persone, disorientate e a volte, impreparate, osservano attonite. L’insegnamento che la business literature ci ha dato da ormai una ventina d’anni è quello di essere sempre pronti al cambiamento, “leggere” le dinamiche che lo anticipano, restare flessibili e in ascolto, cavalcare l’onda proattivamente. E’ però innegabile che per molte persone questo atteggiamento è poco naturale e allenarsi per questo tipo di evoluzione è impegnativo. Come esseri umani abbiamo uno strumento importante che può alleviare le pene che questo scenario di continua trasformazione ci impone, è quello della connessione, come abbiamo già visto nell’articolo Il potere della connessione umana.
Nel cambiamento invece, a volte ci si isola nelle proprie difficoltà emotive, esternando la lamentela legata all’operatività e si trascura tutto il vissuto interiore, che è il cuore della difficoltà nel cambiamento.
Ancora una volta è connettersi con gli altri, a un livello autentico, la possibile strada per superare difficoltà e paure.
Una lettura interessante è il libro di Melanie Katzman, Connect First: 52 Simple Ways to Ignite Success, Meaning, and Joy at Work; usando i suoi suggerimenti, ancor di più nel momento dell’incertezza del cambiamento, è possibile alleviare le difficoltà e generare emozioni positive che sostengano i momenti di sconforto.
Secondo Melanie ci sono 6 modi, da sviluppare intenzionalmente, per rafforzare le relazioni: estremamente semplici, non sempre scontati, rifletteteci un attimo…
Sorridere: il sorriso spontaneo non è così comune, emerge solo se ci concentriamo davvero su ciò che ci piace o su qualcosa di bello per noi, che amiamo. Il sorriso, però, è provato che stimoli la fiducia e l’apertura all’altro. Un bel consiglio dell’autrice, che apprezzo particolarmente, è quello di tenere il cellulare nella borsa o in tasca quando si arriva al lavoro, per guardare negli occhi le persone e incontrarle con un sorriso. Anche quelle che conosciamo meno o che non apprezziamo particolarmente. Faticoso? Utile, proviamo!
Rispondere prontamente. Anche se siamo oberati di lavoro e è l’ennesima richiesta che riceviamo, diamo un riscontro, rispondiamo che abbiamo ricevuto e che ci lavoreremo appena possibile. Questo crea una connessione, favorisce ancora una volta l’apertura e sottolinea l’interesse che c’è, al di là della fatica quotidiana, nell’essere in relazione con l’altro. Tutti noi cerchiamo considerazione e spesso sentiamo la frustrazione quando le nostre richieste cadono nel nulla. Usiamo empatia e agiamo come vorremmo che gli altri agissero con noi. Basta un attimo, e tanta volontà. Il potere di un gesto come questo potrebbe cambiare molte cose nella realtà quotidiana.
Ascoltare. L’ascolto dell’altro è un’ altra pratica non scontata. Pensiamo di farlo ma in realtà non è poi così semplice essere davvero in connessione. Spesso il nostro pensiero è sulla validazione di ciò che l’altro sta dicendo e non sull’ascolto reale e la condivisione della prospettiva altrui. Inoltre l’ascolto è una delle competenze chiave della Leadership contemporanea, non dimentichiamolo, in tutti i casi, e, ancora di più se abbiamo un ruolo di coordinamento.
Raccontare “storie”. Cosa mi è successo mentre lavoravo con il collega, come siamo arrivati ai numeri del mese, aneddoti, curiosità o stati d’animo e riflessioni personali. Trasformiamo riunioni e incontri in momenti di scambio e contatto umano oltre che di numeri e obiettivi. Ciò significa rendere più vicino alla nostra natura i nostri scambi quotidiani, non sicuramente dilungarsi in discussioni inutili, ma generare un impatto maggiore per le informazioni e le conoscenze necessarie alla quotidianità professionale. I racconti legati a come abbiamo superato un ostacolo, per esempio, possono essere di grande utilità agli altri e generare pensiero positivo e energia.
Riconoscere i propri errori. A volte quasi tabù, ammettere e parlare dei propri errori, come suggerisce anche Brené Brown (Rising strong, 2015), avvicina agli altri e ancora una volta trasforma i rapporti lavorativi in relazioni autentiche che generano a loro volta voglia di arrivare insieme agli obiettivi professionali. In questo modo si apre alla possibilità di non essere infallibili e ci si avvicina per rendere più facile la collaborazione. Il contributo di tutti è prezioso per lavorare bene insieme.
Questi apparentemente semplici gesti, in realtà difficilissimi da agire, possono essere la chiave per un maggior benessere. Volontà, determinazione, abbattimento di barriere e di convinzioni, apertura alle emozioni e alla loro espressione, contatto, comprensione dell’altro, empatia: queste le qualità che possono aiutarci in questo grande passo verso la creazione intenzionale di ambienti di lavoro più vivibili e umani.