Abbiamo già affrontato il tema della “felicità al lavoro”. Oggi trattiamo un nuovo aspetto dello stesso tema, ovvero, passare dal sè e da tutti quegli aspetti che riguardano la realizzazione personale, alla relazione con gli altri, aspetto fondamentale e spesso critico all’interno delle organizzazioni.
Il gruppo, la squadra, il contributo del singolo, la sinergia, il conflitto; nelle aziende sono argomenti di grande attualità e continuo dibattito. Siamo tutti consapevoli della teoria, ovvero di quanto sia necessaria la collaborazione, l’ascolto, l’efficacia comunicativa, ma poi cadiamo ogni giorno nelle stesse dinamiche.
Mi piace fare riferimento al libro di Daniel Coyle, “The culture code”. La sua teoria, emersa dopo anni di ricerche e sperimentazioni, nasce dall’idea che ci siano gruppi che “funzionano” più di altri, che sono riusciti a trovare la formula giusta. E quindi quali sono le caratteristiche di questi gruppi? E qual è la formula?
Secondo Daniel Coyle “l’alchimia” dell’efficacia del team sta nella cultura che i leader diffondono all’interno dei gruppi di lavoro e in alcuni elementi presenti in tutte le aziende che ha incontrato e che ottengono alte performance con anche alti livelli di soddisfazione delle persone. Gli ingredienti principali di questa cultura:
- Sicurezza: sentire che si è un un ambiente sicuro e in cui la fiducia reciproca è alta
- Rischio condiviso: sfide e rischi vengono affrontati insieme, con senso di responsabilità diffuso e reale supporto
- Costruzione attiva di un “storia” comune, di obiettivi creati, condivisi e partecipati da tutto il team
Per diffondere questo tipo di cultura il leader e tutte le persone hanno bisogno di uno shift importante, dove l’autenticità e la capacità umana di connettersi all’altro diventino il primo skil da sviluppare. E il tema della relazione è protagonista.
Relazione capo-collaboratore, tra colleghi, tra staff e direzione, tra pari, una rete di quotidiani scambi che spesso diventa faticosa e motivo di livelli di stress molto elevati.
Nelle aziende spesso i motivi di frustrazione sono legati alle difficoltà relazionali, a pesantezza del clima, tensione, scarsa fiducia diffusa e conflitto esplicito o latente. Esattamente il contrario di ciò che Daniel Coyle sostiene nel suo libro.
Quali sono dunque le abilità da coltivare?
La prima è la nostra prima caratteristica di Esseri umani, la capacità di “connettersi” all’altro e dialogare a un livello diverso da quello che normalmente ci concediamo al lavoro. Dalla fretta e al focus esclusivo sul risultato tangibile, abbiamo bisogno di passare a un livello più autentico di contatto umano, che oltre alla performance guarda ai bisogni delle persone. Ogni volta che dimenticheremo che il collaboratore o il capo è una “persona” prima che un ruolo, metteremo da parte quell’aspetto tipicamente umano che è la chiave per incontrarsi veramente e, di conseguenza, ottenere coesione e performances veramente efficaci.
E’ molto difficile parlarsi e lavorare con questo livello di connessione; implica lavorare molto su di sé, sulle proprie emozioni, sui bisogni, sulle convinzioni che spesso ci impediscono di essere autentici, ma come tutte le sfide importanti, che non sono esenti da fatica e impegno, portano grandi risultati se il nostro desiderio è davvero quello di essere protagonisti di un grande cambiamento culturale. Cosa ci serve?
- capacità di ascoltare: ascoltare in modo “sensoriale” ovvero aprendo oltre alla mente anche tutti i canali paralleli, l’osservazione, il “sentire” delle emozioni e dei messaggi corporei, un ascolto profondo che ci consente di entrare nel mondo dell’altro frenando la voce del giudizio
- capacità di sentire e regolare le emozioni: rabbia e frustrazione spesso ci abbagliano; ascoltare queste emozioni e sfruttare l’energia che muovono all’interno facendole uscire in modo costruttivo può portare grandi cambiamenti nelle relazioni con l’altro. Fermarsi e respirare profondamente.
- capacità di esprimere le emozioni: autorizziamoci a dire ciò che proviamo. Nessuno può negare le nostre emozioni, mentre molti possono opporsi alle nostre opinioni.
- apertura mentale: il nostro cervello è straordinario ma a volte ci limita fortemente; alleniamoci a accogliere idee diverse e invece che distruggerle, esploriamole, facciamo domande, rendiamo più ricca la nostra esperienza cognitiva quotidiana. Ogni nuova idea è uno stimolo per elaborare soluzioni diverse. Se ci trinceriamo dietro alla barricata delle nostre convinzioni perdiamo una grande opportunità di crescita.
- visione e capacità di osservare dall’alto: se si rimane troppo concentrati sul micro si perde il senso della continuità, della vision, del futuro. Il lavoro è tanto e la quotidianità è frenetica, ma nell’organizzazione settimanale di un team è fondamentale un momento di promozione della cultura di quadra, di organizzazione collettiva, di condivisione di difficoltà, successi, volontà comuni. Combattiamo l’idea che non ci sia il tempo per trovarsi, consideriamo questo aspetto una priorità.
La posta è troppo importante per dimenticarsi che siamo esseri umani prima di tutto, lo scopo è il benessere e la salute psicofisica di tutti noi.
Gli strumenti che possono aiutarci in questo shift culturale sono tanti. Il primo, in ogni caso, è sfruttare le nostre abilità tipicamente umane, tornare a noi e a quello che siamo davvero.
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